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Il cetriolo bio prodotto (insomma) da Sting costa 1.10 l'uno.

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commenti (4)

barbara:

Ciao Ste, sono stata via per un pò. Problemi di genitori anziani. E bravo Sting che si è messo a fare il contadino... ma zapperà lui la terra con le sue manine? Non mi sembrano eccessivi i prodotti di Sting; tieni presente che in Inghilterra i prezzi in generale, ed in particolare quelli dei vegetali, sono molto più alti che da noi. Certo... mangiare un cetriolo di Sting deve essere molto emozionante.
Tu coltivi per te o per vendere?
Ciao e un bacio affettuoso... mi sono allargata troppo?

ste:

Bentornata, se ne hai voglia puoi pure scrivere un romanzo nei commenti :-)
Se il cetriolo è come la sua musica va bene...
Vendiamo olio, uva, agnelli e formaggio e quello che avanza si mangia noi.

Barbara:

Olio... uhmmmm... formaggio?....uhmmm ... quanti chilometri sei lontano da Roma?
Veramente quando sospettavo di essermi allargata troppo mi riferivo al bacio affettuoso; ma visto che posso scrivere anche un romanzo incollo lo scritto di una mia amica a proposito della guerra contro il velo che trovo divertente e che penso che possa aiutare qualcuno con idee un pochino... rigide...


"E’ TUTTO VERAMENTE ACCADUTO! E CI SEMBRA NORMALE...

In seguito alla legge che ha vietato il velo nelle scuole e negli uffici pubblici francesi, infuria in Europa il dibattito sul tradizionale indumento delle donne musulmane, considerato da alcuni europei una usanza innocua, da altri un insulto alla parità dei sessi o addirittura la manifestazione pubblica del fanatismo religioso e dell’integralismo islamico.
D’ora in poi le donne islamiche residenti in Francia saranno obbligate a scoprire il capo a scuola e in tutti gli edifici pubblici, pena l’espulsione e il licenziamento. La decisione ha scatenato la protesta delle immigrate di origine araba, che hanno manifestato ostentando i loro veli e invocando la libertà di espressione. Alcune femministe invece si sono schierate a favore del bando, sostenendo che costringerà le studentesse ad adottare uno stile di vita più liberale e laico e a resistere alle pressioni delle famiglie che le obbligano a indossare il velo.
Molti intellettuali invocano d’altra parte il relativismo culturale e temono che il bando del velo nelle scuole statali induca le alunne di origine musulmana a rivolgersi alle scuole private di ispirazione islamica, escludendole così dal contatto con le più libere coetanee francesi.
L’interesse per la questione del velo è dimostrato dalle pagine dedicate a essa dalla stampa europea. Quotidiani e riviste si affannano a spiegare la differenza che c’è tra l’“hijab” (semplice foulard che copre il capo, portato dalle donne più laiche), l’”abaya” (mantello che copre tutto il corpo), il “niqab” (portato dalle più estremiste, copre anche il viso e può addirittura coprire gli occhi). L’inserto femminile di Repubblica ha pubblicato un’intervista a una delle poche donne coraggiose che in Yemen cammina orgogliosamente per la strada senza abaya e perfino senza hijab, sfidando critiche e insulti. L’eroica paladina dei diritti delle donne dichiara che fin da piccola non sopportava quell’orribile indumento che i genitori la obbligavano a portare; oggi ha organizzato una associazione di donne per persuadere le altre ad abbandonare il velo, e spera che il numero di associate possa crescere.
Si moltiplicano le pubblicazioni. Nel libro “sotto il velo” una nota giornalista descrive la vita sessuale delle donne arabe, molto più libera di quello che il mortificante indumento lascerebbe presupporre; il saggio “oltre il velo” di una famosa antropologa parla invece delle prospettive delle donne musulmane che nonostante il capo coperto poco per volta si fanno strada nella politica e negli affari.
L’uso di indossare il velo è ormai diffuso anche nei paesi arabi più liberali. Mentre le femministe negli anni ’70 toglievano pubblicamente il velo proclamando la libertà della donna, oggi le loro figlie lo portano senza eccezioni; le poche donne che si mostrano in pubblico senza velo si limitano ai luoghi frequentati dalle elites.
Le donne europee proprio non riescono a capire il motivo che induce le ragazze musulmane a portare questi orribili, soffocanti e scomodi indumenti che mortificano la bellezza femminile e sono un evidente segno di discriminazione tra uomo e donna. Numerose intellettuali, filosofe e scienziate europee hanno firmato una lettera aperta in cui esortano le donne islamiche a mostrarsi a capo scoperto. I più estremisti si sono spinti a invocare una guerra contro l’Afghanistan per liberare le donne dal burqa.
Il dibattito divide l’opinione pubblica europea: il velo è un innocuo indumento portato per pudore e tradizione o l’intollerabile ostentazione di valori religiosi islamici incompatibili con la cultura laica della Francia?

MA SE I COSTUMI MONDIALI FOSSERO DETTATI DALLE ISOLE TONGA...

In seguito alla legge che ha vietato il reggiseno nelle scuole e negli uffici pubblici, infuria alle isole Tonga il dibattito sul tradizionale indumento delle donne europee, considerato da alcuni tongani una usanza innocua, da altri un insulto alla parità dei sessi o addirittura la manifestazione pubblica del fanatismo religioso e dell’integralismo cattolico.
D’ora in poi le donne europee residenti alle Tonga saranno obbligate a scoprire il seno a scuola e in tutti gli edifici pubblici, pena l’espulsione e il licenziamento. La decisione ha scatenato la protesta delle immigrate di origine europea, che hanno manifestato ostentando i loro reggiseni e invocando la libertà di espressione. Alcune femministe invece si sono schierate a favore del bando, sostenendo che costringerà le studentesse ad adottare uno stile di vita più liberale e laico e a resistere alle pressioni delle famiglie che le obbligano a indossare il reggiseno.
Molti intellettuali invocano d’altra parte il relativismo culturale e temono che il bando del reggiseno nelle scuole statali induca le alunne di origine europea a rivolgersi alle scuole private di ispirazione cattolica, escludendole così dal contatto con le più libere coetanee del Pacifico.
L’interesse per la questione del reggiseno è dimostrato dalle pagine dedicate a essa dalla stampa locale. Quotidiani e riviste si affannano a spiegare la differenza che c’è tra il “reggiseno” (semplice fascia che copre il seno, portata dalle donne più laiche), la “canottiera” (oltre al seno copre anche il ventre e la schiena), la “t-shirt” (portata dalle più estremiste, copre anche le spalle e può addirittura avere le maniche lunghe). L’inserto femminile del Corriere delle Tonga ha pubblicato un’intervista a una nudista, una delle poche donne coraggiose che in Europa cammina orgogliosamente per la strada senza reggiseno e perfino senza mutande, sfidando critiche e insulti. L’eroica paladina dei diritti delle donne dichiara che fin da piccola non sopportava quell’orribile indumento che i genitori la obbligavano a portare; oggi ha organizzato una associazione di nudiste per persuadere le altre ad abbandonare il reggiseno, e spera che il numero di associate possa crescere.
Si moltiplicano le pubblicazioni. Nel libro “sotto il reggiseno” una nota giornalista descrive la vita sessuale delle donne europee, molto più libera di quello che il mortificante indumento lascerebbe presupporre; il saggio “oltre il reggiseno” di una famosa antropologa parla invece delle prospettive delle donne europee che nonostante il seno coperto poco per volta si fanno strada nella politica e negli affari.
L’uso di indossare il reggiseno è ormai diffuso anche nei paesi europei più liberali. Mentre le femministe negli anni ’70 bruciavano pubblicamente il reggiseno proclamando la libertà della donna, oggi le loro figlie lo portano senza eccezioni; le poche donne che si mostrano in pubblico a seno nudo si limitano alle spiagge e a pochi locali notturni non frequentati dal grande pubblico.
Le donne tongane proprio non riescono a capire il motivo che induce le ragazze europee a portare questi orribili, soffocanti e scomodi indumenti che mortificano la bellezza femminile e sono un evidente segno di discriminazione tra uomo e donna. Numerose intellettuali, filosofe e scienziate dell’area del Pacifico hanno firmato una lettera aperta in cui esortano le donne europee a mostrarsi a seno nudo. I più estremisti si sono spinti a invocare una guerra contro il Belgio per liberare le donne dal reggiseno.
Il dibattito divide l’opinione pubblica tongana: il reggiseno è un innocuo indumento portato per pudore e tradizione o l’intollerabile ostentazione di valori religiosi cattolici incompatibili con la cultura laica delle Tonga?"

Ciao Ste

ste:

E la cravatta? Però nel momento che pende la vita dei due francesi cìè da ridere poco.

Distanza da Roma 350 km :-(

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