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Monocultura a pesticidi patrimonio dell’UNESCO

Oggi alla radio un ascoltatore di “Prima pagina” su Rai3 ha raccontato come ha cambiato il paesaggio negli ultimi decenni, spariti i susini, le pesche i noci le siepi per far posto a una monocoltura.

La candidatura, proposta sin dal 2010 e sostenuta nel 2017 dall’allora ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, ha visto infatti sollevarsi il fronte del ‘no’ da parte di alcune associazione ambientaliste (tra cui Wwf, Legambiente, Pesticides Action Network, Marcia Stop pesticidi, Colli Puri) preoccupate degli effetti della viticoltura intensiva e dell’uso dei pesticidi che caratterizzano la produzione delle colline del Trevigiano. Alla monocultura che divora il suolo, con siepi e alberi che non ci sono più, si aggiungono i danni di fitofarmaci e altri erbicidi, secondo gli ambientalisti che da anni combattono la lotta contro le sostanze chimiche tossiche utilizzate nei campi.

Il Veneto sembra tenere un record triste:

Il Veneto, come dicevamo, è l’unico territorio che riesce a fare peggio del nostro con 11,7 kg di pesticidi per ettaro di superficie agricola utilizzata.

3 commenti

  1. ijk_ijk 9 Luglio 2019

    Ho sentito anche io “prima pagina” e sono rimasto sconvolto. Questa è la dimostrazione che “patrimonio dell’umanità” non ha piu alcun valore.
    La prossima candidata a patrimonio dell’umanità sarà l’Ilva di Taranto

  2. marco 16 Luglio 2019

    ciao contadino,
    sei ancora al lavoro o ti stai godendo le vacanze al mare?
    Quello descritto alla radio purtroppo è il destino di tutte le aree a produzione “industriale” del vino, quindi con colture intensive della vite che si prendono 15 trattamenti a stagione. Abitare in quelle zone è una disgrazia al pari dell’Ilva di Taranto perchè i veleni che si respirano non sono da meno per pericolosità e quantità.

  3. ste 17 Luglio 2019

    Ciao Marco,
    ancora niente vacanze, ho il solito “buco” dov’è possibili andare via fine luglio, poi qualche giorno si settembre a fare il nonno al mare.
    E sì, da una parte le aree ipercultivate tipo gli oliveti spagnoli dall’altra un avanzamento della macchia e del bosco.

Commenti chiusi.

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