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Evviva la teocrazia feudale

No, non è un post sul Vaticano. Il contadino aveva sempre un po’ di sospetti con questa ondata di simpatia per monaci che vivono lontani e pensa che non tutti che titolavano “free tibet” sappiano qualcosa di preciso della storia del Tibet (neanche lui ne sa tanto). Fatto sta che per duecent’anni era un protettorato cinese con molta autonomia interna (che l’usavano tra altro per prelevare i bambini dai contadino per educarli nei monasteri), al momento della occupazione cinese era appunto una teocrazia feudale con la meta della popolazione (di 1,25 milioni) contadini dipendenti dai monasteri o dai nobili.

Il primo Dalai Lama fu investito della propria carica da un esercito cinese e in 170 anni, malgrado il loro stato riconosciuto come dei, cinque Lama di Dalai sono stato assassinati dai loro gran sacerdoti o da loro altri cortigiani non violenti buddistici.

Solite storie umane. Se fossero di religione mussulmane non se ne parlerebbe neanche forse. Occupiamoci della libertà nostra, minacciata da aziende multinazionali e governi che stanno per smontare gli ultimi diritti civili nel nome della lotta al terrorismo.

5 commenti

  1. Petrolio 26 Marzo 2008

    Mi consola vedere che non sono l’unica matta che sente puzza di bruciato in questa storia del Tibet. Ma non si può dire, Ste, sennò siamo communisti…

  2. Silviu' 27 Marzo 2008

    Nel mio piccolo (brisa per far concorrenza alla Debby, neh!) sul comeDonchisciotte son più e più giorni che polemizzo con Bertani & soci. Attaccano il Fulvio Grimaldi (che avrà tutti i difetti del mondo ma non è né stupido né male informato) per aver detto cose così (e su Carmilla c’è un articolo piuttosto illuminante, se serve…).

  3. ste 27 Marzo 2008

    C’è chi definisce il Dalai Lama “instant karma”: Un prodotto ideale sul mercato per chi vuole credere qualcosa senza assumersi la fatica di seguire una religione per davvero.

    Il tutto toglie mica nulla alla necessità del rispetto dei diritti umani.

  4. meeme 27 Marzo 2008

    Nemmeno io ho mai saputo molto del Tibet e quando non so sto zitta.
    Però sono rimasta molto colpita da un gruppo di monaci tibetani che l’estate scorsa sono venuti nel mio paese per una serata di canti e balli tradizionali. L’argomento ” Cina ” non era in cartellone, ma con lo svolgersi della serata è stato chiaro che lo spettacolo, per altro molto semplice e prescindibile, era il pretesto che i monaci utilizzavano per poter parlare alle persone di quello che accade realmente. Io per prima forse non mi sarei presentata alla serata se mi fosse stato detto che non si sarebbe riso, ma si sarebbero ascoltate cose dolorose.
    Certo non c’è stato un confronto tra loro e la parte avversa, ma come non credergli.
    La mansuetudine e l’innocenza (un pò come la pizza e il mandolino per noi italiani)c’erano nei canti e nelle rappresentazioni, ma nelle parole del “capo” , nonchè presentatore della serata, c’era un odio verso i cinesi espresso con una tale forza..
    Parole testuali, o quasi:
    “I cinesi sono come il cancro, quando loro arrivano tutta la bellezza e la poesia che c’erano vengono distrutte perchè solo una cosa è importante per un vero cinese, fare i soldi. Noi tibetani siamo persone miti, lavoriamo per vivere e lasciamo spazio alle cose che redono la vita degna di essere vissuta.
    Il cinese viene da noi e lavora soltanto, giorno e notte con il solo scopo di fare soldi e comprare il tuo negozio che nel frattempo è fallito perchè lui ha fatto prezzi più bassi dei tuoi. I cinesi sono come il cancro, quando entrano prendono tutto e ti costringono a vivere come lui vive, lavoro e basta, niente arte e bellezza, solo il denaro. Ora voi in Italia ridete, perchè pensate che a voi non succederà..la vostra grande cultura….ma voi di Prato..lo so che voi potete capirmi..loro sono come il cancro, sono venuti e vi hanno tolto tutto, la vostra grande tradizione del tessuto..potete solo comprare cinese ora e chi è rimasto a lavorare vive come un cinese, solo lavoro, ma alla fine vinceranno loro comunque. Loro escono dalla Cina e se ne vanno nel mondo a distruggere i mercati e le tradizioni locali. Noi eravamo felici di vivere semplicemente come vivevamo, ma a loro non stava bene e ci uccidono come animali, si divertono a spararci per strada e a torturarci, uccidono le dinne incinte, voi non potete vedere con i vostri occhi, per questo sono qui per raccontare, perchè stiate attenti, che non succeda anche a voi, STATE ATTENTI, non lasciateli fare. Volevano il Tibet e se lo sono preso sterminandoci, quello che vogliono i cinesi lo prendono, sono come la metastasi”.
    Evviva la teocrazia feudale, se è scelta dal popolo.
    Ma tutto il popolo, non il 50 per cento più un voto.

  5. ste 27 Marzo 2008

    Grazie della testimonianza! Penso però che l’odio non è una virtù buddhista. Se pensiamo come siamo cambiati noi in contatto con altri mondi (…americani), così anche loro cambieranno – se non si guasta l’occasione del contatto. Ma purtroppo ho l’impressione che che chi è interessato a fare il guastafeste olimpico, con risultati pessimi per i tibetani e non solo.

    Quando andavo a scuola nelle vacanza lavoravo in un maggazzino, il cui capo (giovanissimo fu il signor Nenang, tibetano (vicino Zurigo c’è un centro grande di loro, e la Svizzera dava volentieri asilo politico ai profughi tibetani).

    Rideva volentieri, ma qualcosa di “cinese” nel modo di lavorare c’era pure. Molto effettivo era, comunque.

Commenti chiusi.

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