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Categoria: cultura e arte

Un cesto per natale

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Il contadino ha sentito che in Italia usa di regalare dei cesti per le feste, ma ci sta bene che qualcosa non ha mica capito bene, comunque ha potato il salce tra gli ulivi che ha il colore più acceso e si è dato da fare.

Buone feste a chi passa di qui.

2 commenti

Non solo Bolero

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Ravel è tutto da scoprire secondo il contadino. Qui il secondo movimento del suo concerto per pianoforte in G maggiore (il contadino ha l’animo romantico, ecco perché ama i secondi movimenti). Ma ovviamente è da sentire tutta l’opera.

1 commento

Come fare soldi con l’agricoltura

Ecco, dopo più di trent’anni al contadino è venuta finalmente l’illuminazione: Non si guadagna mai niente coltivando olivi, zappando un vigneto o per esempio realizzando una permacoltura o un food forest, ma facendo seminari, corsi o anche scrivendo libri sul argomento le probabilità sono molto molto più alte di diventare ricchi.

Quindi con le sue esperienze alle spalle ha tutto che li serve. Il libro si chiamerà

La strategia della macchia – come prendersi il mondo”.

Ai suoi fedeli tre lettori toccherà un’acquisto scontato ovviamente.

Dal contenuto:
– Decisioni strategici preliminari: semi o attacco diretto (il rovo)
– Resistenza contro tutti i mezzi (la ginestra)
– Servirsi degli altri offrendo qualcosa (uccelli)
– Le spine. Guida all’uso, scelta del tipo

Quando avrà vendute le prime 300mila copia scriverà un altro, del titolo “La strategia del bosco – servirsi e superare la macchia”.

Stai tuned, come dicono.

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Finestre vecchie nuove o dall’attaccamento alle cose

E’ un vizio, ma il contadino è affezionato alle cose vecchie, prima di fare il contadino ha restaurato mobili (di contadini) per 4 anni, ma da sempre prima di buttare qualcosa cerca di risistemarlo. La sua casa ha ancora le finestre di una volta nelle stanze, e no, mettere delle finestra senza queste sezioni e legni in mezzo, con le maniglie nuove non ce la fa, poi costerebbe pure tanto.

Ma avere i doppi vetri sulla vecchiaia d’altra parte è una tentazione, poi nella stanza sotto a volta rimane difficile stare sopra i 9° (per l’olio).
Quindi ha fatto una prova, e la prova e venuta bene, un fresino per 30 e 100 euro a finestra.
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Ne ha fatte due, di gennaio altre tre compreso quello sotto quando arriverà il vetro (12mm, con 6mm aria).
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Fine stagione…

… per i cerchi nel grano. Ci sono dei capolavori anche quest’anno, con disegni e strutture mai viste.
Una selezione del contadino:

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Buon compleanno,

Mark. E grazie per tuo modo di suonare la gitarra.
Sotto la versione migliore (secondo il modesto parere del contadino) del primo hit.

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No slogan

Non ho qualifiche sufficienti a fare un commento di carattere sociologico. Forse sto diventando un vecchio scorbutico, ma a livello pubblico ormai esiste ben poco che per me non sia un’accozzaglia di parole senza senso. L’impegno, poi, è ridotto al minimo: gli artisti fanno esattamente ciò che fanno i politici, mantenendosi sulla superficie, senza lasciarsi coinvolgere davvero in niente, schierandosi secondo le posizioni partitiche più banali. Anche quelli che stanno dalla parte giusta offrono solo slogan, senza impegno.

Quando mi sento parlare, mi rendo conto di non essere poi così attaccato alle mie opinioni. Perciò esiste un altro livello di percezione, ben più profondo di quello delle opinioni. Ecco cosa vuol dire per me scrivere canzoni: liberarsi degli slogan, anche di quelli più efficaci, delle prese di posizione più sofisticate, per giungere a una comprensione, a sensazioni che sono un po’ al di sotto del radar delle opinioni o dell’intellezione.

«È per questo che ci vuole tempo» continua. «Prima di poter scartare un verso, devo scriverlo. Non ho le capacità cognitive necessarie per leggere qualcosa e scartarlo. Devo lavorarci su, scriverlo e poi eliminarlo. Persino se è buono, non posso accettarlo se include uno slogan stereotipato. Non sono interessato alle prese di posizione banali. Perciò non sono attaccato alle mie opinioni, ma in un certo senso sono interessato a quello che posso scoprire frugandovi al di sotto.
«È lì che voglio arrivare.»

Secondo il contadino questo potrebbe essere una linea guida nella marea delle cose dette ovunque. Ignorare se slogan.

Rimarrà il poco di buono che c’è.

(citazioni di L. Cohen, “Il modo di dire addio”)

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Buona Pasqua!

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Colorate le uova come al solito, oggi si cercano tra l’erba intorno casa, e come zuccherino si è fatto sentire pure un cuculo, evento ormai rarissimo. Gli anni passano e si cerca di rimanere a galla. Auguri!

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Contrasti

L’Europa e America, circondato ormai dai muri visibili e invisibile (le compagnie aerei sono stati da tempo trasformati in ufficiali di immigrazione, visto che devono pagare delle multe salate per passeggeri senza visto), e il mondo la fuori, messi a confronto dal fotografo turco Uğur Gallenkuş.

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“Sono già bagnato”

Il contadino recentemente è finito un po’ su Cohen. Ha letto un suo libro parecchio estremo (“Beatiful losers”) e ora sfoglia “Il modo di dire addio“, un raccolto di interviste ed altro.

Sul suo stato mentale

«Un pessimista è qualcuno che aspetta che piova. Io, invece, sono già bagnato. Non sto ad attendere la pioggia. Siamo già nel pieno della catastrofe, è inutile aspettarla. Lo sanno tutti. Si sa che è un’inondazione. Non è un “non mi interessa cosa succederà quando non ci sarò più”, ma è “il diluvio è qui e mi preoccupo di cosa accadrà”.»

dall’intervista con Michel Field,
Le Cercle de Minuit, France 2 tv, dicembre 1992

Sulla sopravvivenza nella desolazione

«Le mie canzoni sembrano trattare molti argomenti diversi, ma di fatto si riducono a brani in cui mi chiedo come sopravvivere in mezzo alla desolazione. È un mio problema. Come posso fare a superarla? Come posso rendere più forte chi è vicino a me? Insomma, c’è questa inondazione di cui parlo da ormai vent’anni e che ha spazzato via tutto: morale, spiritualità, politica, ogni singola cosa. Tutto ciò che vorrei sapere è: “Come ci si deve comportare in queste circostanze?”. Quando ci si ritrova aggrappati a una cassetta di arance e tutto intorno a noi la gente va alla deriva e finisce sotto, ce ne frega qualcosa di distinguere tra conservatori e liberali? No! Si finisce davvero a parlare di comunisti contro capitalisti? No! Si perde davvero tempo a discutere di sciiti contro sunniti? Bisogna essere stupidi! E per quanto riguarda la foresta pluviale: è davvero su quello che dobbiamo concentrarci? Io non credo. Stiamo perdendo di vista le cose importanti.»

da «Heavy Cohen» di Cliff Jones,
Rock CD, dicembre 1992

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